I legami tra EMA e case farmaceutiche: il conflitto di interesse può mettere a rischio la salute dei cittadini?

Il vaccino contro il Covid19 oltre ad essere un farmaco rappresenta anche una grande opportunità di guadagno per chi lo produce e commercializza.

Il vaccino: un farmaco che diventa business


È sufficiente analizzare il fatturato di alcune case farmaceutiche per comprendere come questo vaccino rappresenti un business unico per proporzioni.

L’azienda Moderna per esempio nel 2020 ha dichiarato un fatturato 803 milioni di dollari, registrando così una crescita del 1.200% rispetto all’anno precedente. E nel 2021 Moderna farà ancora meglio, superando con buona probabilità i 10 miliardi di euro di fatturato.

Stessa cosa è accaduta alla Pfizer che nel 2021 arriverà ad incassare circa 15 miliardi dollari, quasi il doppio rispetto al 2019. Quando ci sono così tanti soldi in ballo esiste il concreto rischio che la salute pubblica dei cittadini possa essere subordinata agli interessi privati di queste multinazionali del farmaco.

Il lato oscuro dell’EMA


E in teoria a fare da scudo rispetto a questa incognita dovrebbero esserci le agenzie di regolazione e sorveglianza del farmaco, come l’EMA in Europa e l’AIFA in Italia. Cosa succede però quando le stesse agenzie di sorveglianza possono essere soggette a conflitti di interesse? Prendiamo per esempio l’EMA.

L’Agenzia europea del medicinale sembra essere molto attenta al tema del conflitto di interesse, tant’è che nel codice di condotta adottato si legge:


I membri del consiglio di amministrazione, i membri dei comitati, i relatori e gli esperti non devono avere interessi finanziari o di altro tipo nell’industria farmaceutica che potrebbero incidere sulla loro imparzialità.




Tale affermazione sembra però stonare con la struttura dei finanziamenti che quest’ente riceve. Solo il 14% dei suoi introiti arriva infatti dall’Unione europea, mentre il restante 86% proviene dalle società private che sono coinvolte nelle stesse procedure di farmacovigilanza. Ma non finisce qui.

Il passato da lobbista di Emer Cooke


Perché altri sospetti potrebbero emergere osservando la figura della stessa direttrice esecutiva dell’EMA, l’irlandese Emer Cooke. Guardando il suo curriculum si può notare infatti un impiego per ben otto anni nel consiglio direttivo della Federazione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche.

Un’organizzazione con sede a Bruxelles che esercita attività di lobbying nei confronti proprio delle istituzioni europee, come Commissione e Parlamento. E tale Federazione di case farmaceutiche comprende al suo interno le stesse aziende che adesso sono in prima linea nella produzione dei vaccini, la cui commercializzazione dipende in sostanza dal parere positivo o negativo dell’EMA.

C’è Astrazeneca, c’è Bayern, c’è la Johnson e Johnson, c’è la Pfizer e molte altre. Certo l’incarico di Emer Cooke risale al 1998 e non ci sono prove che l’attuale direttrice dell’EMA abbia ancora legami con queste case farmaceutiche.

La necessità di maggiore trasparenza


Tuttavia è sicuramente insolito che un profilo del genere, con un curriculum così esplicito, sia stato nominato a capo dell’EMA proprio nel novembre 2020, il periodo di massima tensione delle case farmaceutiche per ottenere l’autorizzazione dalle agenzie di vigilanza.

Solo il 21 dicembre 2020 era arrivata infatti la prima autorizzazione dell’EMA per l’utilizzo del vaccino anti Covid, in quel caso era quello Pfizer.

La domanda quindi è: com’è possibile non aver trovato un profilo meno compromesso con il mondo di Big Pharma per ricoprire un ruolo così importante e in un momento così delicato? A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca e allora occorre pretendere maggiore chiarezza e trasparenza da parte delle agenzie di sorveglianza dei farmaci e dei vaccini.
https://laltracampana.info/2021/04/13/i-legami-tra-ema-e-case-farmaceutiche-il-conflitto-di-interesse-puo-mettere-a-rischio-la-salute-dei-cittadini/

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